I creativi non esistono?


Com’è bello sentirsi creativi: la pubblicità, i giornali, i blog, grandi e piccoli pensatori ci dicono che, sì!, tutti possiamo essere creativi!
Migliorare il mondo in cui viviamo, evolverci, trasformarci, cambiare.
La creatività ci apre nuovi sconfinati orizzonti.

 

E come possiamo diventare creativi?
Che domanda: con l’ultimo modello di smartphone, con la nuova macchina fotografica, con il decoupage, con il prossimo corso di creatività, addirittura scegliendo un certo modello di auto!

 

In pratica l’industria ha intercettato il serpeggiante e stringente bisogno di creatività dell’essere umano moderno e ha provato a canalizzarlo in prodotti di consumo. Più le persone diventano consapevoli e informate, più cresce in loro il dubbio che il modo moderno con cui viviamo sia fatto di scelte imposte, di sentieri obbligati, che riescono a limitare perfino il libero arbitrio senza che ce ne rendiamo conto.

 

La creatività è uno dei bisogni primari dell’uomo.
Almeno, così la pensava Abraham Maslow, studioso controverso, pioniere della Psicologia Umanistica.

Nella piramide dei bisogni che aveva teorizzato, metteva lAuto-realizzazione dell’essere umano come vertice primo. E uno degli strumenti per Auto-realizzarsi è la creatività.

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da Wikipedia

 

“Un musicista deve fare musica, un artista deve dipingere, un poeta deve scrivere, se vuole essere in pace con sé stesso. Ciò che un uomo può essere, deve essere. Deve essere fedele alla propria natura. Questa necessità si può chiamare l’auto-realizzazione“.
Credeva che le persone dovessero sviluppare il loro potenziale e diventare ciò che è nella propria natura più profonda. Semplificato e infiltrato, il pensiero dell’auto-realizzazione ha creato deformazioni e errori. Ricordate gli anni 80, in cui tutti dicevano di non sentirsi realizzati?
Quel modo di dire, con cui si comunicava la propria insoddisfazione nei confronti della propria vita, era mutuato dagli studi di Maslow, che poi avevano aperto la strada a quelli sull’autostima e al self-help più semplificato.

 

La creatività, secondo Maslow, è la libertà di essere artefici della propria esistenza, liberi dalle costrizioni che arrivano dallesterno. Mettere in atto un processo creativo significa essere degli eroi, spingersi verso le terre ignote, esplorare, buttarsi nello sconosciuto.
Avevo già parlato del fraintendimento della parola creatività: la creatività non andrebbe ridotta ad una formuletta buona per tutti gli usi: è vero che tutti possono coltivarla ed essere creativi, ma non basta un po’ di divertimento e di fantasia per esserlo. Bisogna essere capaci dell’inaspettato.

 

Assumersi dei rischi
Si è creativi solo quando ci assumiamo dei rischi. La creatività non è fantasia, non basta immaginare una cosa, ma si deve essere in grado di realizzare e produrre qualcosa di utile da quell’idea fantasiosa che si è avuta. Questa è la creatività, la cosa che più ci avvicina allatto creativo massimo, cioè il creare dal nulla.

La volontà di prendersi rischi non fa parte della nostra società contemporanea, almeno per quel che riguarda il marketing. Perfino la trasgressione è delegata alla moda.
Il discorso è complesso, ma, volendosi limitare alla comunicazione visiva, si vede il diffondersi in modo frattalico di tendenze che vengono ripetute all’infinito, eliminando il concetto di originalità e unicità, quasi disintegrando il concetto stesso di autore.
Per intendersi farò due esempi di graphic design e illustrazione.

 

Il graphic design post-moderno, essenziale e minimale di Leonardo Sonnoli e dello studio Tassinari Vetta hanno fatto scuola e creato orde di epigoni pedissequi che portano in giro portfolio di grafica tutti uguali, piccole variazioni sul tema.

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Poster di Leonardo Sonnoli

 

Lo stile di illustrazione, concettuale e minimale, di Emiliano Ponzi e Alessandro Gottardo Shout creano orde di illustratori minimali e concettuali che riprendono e variano leggermente il loro stile, richiesti in tutto il mondo e prodotti in modo seriale soprattutto in Italia.
Ca va sans dir, le variazioni migliori al proprio stile sono le evoluzioni dei due illustratori sopra citati.

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Illustrazione di Emiliano Ponzi

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Illustrazione di Shout

 

 

Perché si copia?
Gli stili sopracitati sono a livello estetico (quindi svuotato del pensiero progettuale e della poetica che li ha generati) facilmente riproducibili,
Avete presente i profumi falsi?
Anni fa avevo comprato al mercato Cool water di Zino Davidoff: costava poco e  il profumo era simile e mi ricordava quello del profumo originale (pian piano mi sono assuefatto).
Dopo un paio di anni sono successe due cose interessanti.
Ho risentito il profumo originale e non me lo ricordavo così intenso, interessante, fresco e marino. Anzi non me lo ricordavo più, sostituito da quello falso: le informazioni erano state sovrascritte nell’archivio della mia mente.
Mentre la memoria sovrascriveva, le scritte sulla bottiglietta di profumo stavano scomparendo, la loro vernice in rilievo si dissolveva a forza di impugnarla, rivelando la vera natura della bottiglietta di vetro, cioè di bottiglietta qualunque. Contenente un profumo qualunque che ha appena appena il ricordo del profumo originale.

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Ecco, il mercato e la società (se siete complottisti sostituite questi due termini con entità più oscure) tendono a ripetere all’infinito una formula che va. Ci immergono in una continua e melmosa medietà, che ci trascina via come un torrente in piena. Ma noi siamo seduti bel belli sulla nostra poltrona rosa gonfiabile bevendo un Margarita e non ci accorgiamo di andare verso la cascata. Anche perché il torrente non fa rumore, non fa schizzi, non è impetuoso: è placido all’apparenza.
L’inganno è ben costruito. E noi ne facciamo parte con la nostra ignoranza.
Anche l’industria del Falso fa parte di quest’inganno perché aiuta il riverbero e la ripetizione ossessiva.

 

All’apparenza
Diventiamo schiavi di questa apparenza e non ci accorgiamo che vendiamo la nostra unicità per pochi euro. Oddio, in realtà la ripetizione ossessiva di modelli consolidati porta spesso più ricchezza ai suoi autori. Ed è ovvio: il sistema ripaga più volentieri chi si adegua, chi sta nella media. E punisce, economicamente, gli altri.

 

Gli uffici commerciali, gli uffici marketing, i direttori creativi, gli amministratori delegati, gli imprenditori e gli amministratori il più delle volte scelgono la via più semplice, la via media: per comodità, per convenienza. Lo fanno perché non hanno una visione a lungo termine e l’obiettivo, anche economico, è di guadagnare il più possibile adesso, non tra qualche anno. E magari guadagnare a livello personale (anche accrescendo il proprio prestigio).
Non c’è una visione di un guadagno più alto per la società in cui si vive: la società in cui vivono i consumatori ma anche i produttori e quegli stessi direttori di cui sopra.
La questione è complessa, ma sarebbe bello se i cosiddetti creativi, i sedicenti creativi, i lavorativi creativi si decidessero ad essere davvero creativi.
È difficile, i tempi sono duri e bisogna portare la minestra in tavola, ma abbiamo la possibilità di creare piccole rotture, incrinature in un sistema consolidato, creare delle brecce, essere piccoli agenti di un grande cambiamento.
Perché non provarci, in modo serio e profondo?

 

Il Pubblico
Le decisioni sono prese negli uffici direzionali, ma non tengono conto del pubblico che usufruirà di quell’oggetto, o meglio si riferiscono ad un pubblico standard costruito in laboratorio. Il gusto del pubblico reale è troppo imprevedibile e tenderebbe al caos e alla diversità, senza raggiungere quell’uniformità che il sistema desidera e che si dice tranquillizzi le persone.
Certamente, le tranquillizza come farebbe un anestetico
Date un’occhiata ai giornali e alle riviste, alla grafica commerciale, alla pubblicità e confrontatela con le immagini di grafica e illustrazione che trovate su internet: quante volte preferite immagini e soluzioni non pubblicate rispetto a quelle pubblicate? Quante volte avreste preferito qualcosa di diverso?
Ecco, quello è il vostro gusto, che come vedete non fa sempre parte di quel gusto comune che ci viene propinato, nascosto dietro a motivazioni funzionali, estetiche e commerciali. Ogni tanto deviamo e abbiamo delle divergenze di gusto.

 

Ogni volta che affronto un lavoro, mi chiedo come posso essere davvero creativo, come posso dare voce a questo bisogno primario e sviluppare il mio potenziale all’interno di quel dato progetto.
Il più delle volte mi rendo conto che le mie aspettative e i miei desideri non hanno gli strumenti per volare.
E la creatività diventa decoupage
In quel momento bevo il mio ennesimo Margarita, gentilmente offerto dalla casa, ma mi preparo e studio per arrivare preparato alla prossima occasione.
Prima della cascata, prima del grande Splash e poi dell’ultimo niente.

 


 

Su questi temi, orientati al marketing e allo sviluppo della propria professione, consiglio la lettura del velocissimo e divertente pamphlet Brainwashed di Seth Godin (in inglese).

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Frustrazione creativa: siamo uccelli che non riusciamo a volare, appesantiti da chili di viscoso petrolio. È doloroso accorgersene, meglio far finta di essere pinguini

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Oiled scarlet Ibis, Illustrazione di Lindsay Carr dopo il disastro della Marea Nera nel Golfo del Messico causato dalla BP nel 2010.

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