L’essenzialità nel graphic design


L’essenzialità è difficile da raggiungere: quando vediamo qualcosa di talmente semplice che ci fa dire “potevo farlo io”, significa che dietro c’è il lavoro di un progettista che ha lavorato per l’essenzialità.

È un processo basato sul togliere per raggiungere il giusto equilibrio: prima mettiamo un sacco di cose, riempiamo gli spazi, aggiungiamo degli optional grafici e poi, quando tutto ci sembra troppo, iniziamo a togliere e togliamo, togliamo, recuperando spazio (vuoto) e facendo ordine. Ripuliamo, buttiamo via le vecchie convenzioni (e le convinzioni), i condizionamenti, le insicurezze, cercando di raggiungere l’essenza visiva del nostro messaggio.

Il processo creativo e progettuale che porta all’essenziale inizia quindi con un accumulo iniziale (di idee, ispirazioni, concetti, immagini, ecc.), reso possibile e diverso dall’esperienza e dalla cultura di ogni progettista. La mente si riempie di immagini, citazioni, ispirazioni accumulate, viste chissà dove, di concetti legati al mestiere, alla sapienza tecnica, all’esperienza.

Alcuni designer, soprattutto giovani, credono di poter raggiungere l’essenzialità mettendo da subito pochi elementi e giocando con il minimalismo; a mio parere, è necessario il processo di sgrossatura e di ripulitura proprio perché è un atto significativo della creazione nel quale il progettista analizza, anche emotivamente, il proprio lavoro e lo critica in modo distaccato per migliorarlo.

Raggiungere l’essenzialità nel progetto non è quindi possibile se non si è partiti da un accumulo di conoscenza. La semplicità non è frutto di un processo semplice, ma di un elaborato percorso di semplificazione che non è possibile senza un adeguato background e lavoro su se stessi.

Vi siete mai imbattuti in un progetto che pareva semplice e avete capito che non lo era?

 

 


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