Le ragioni della procrastinazione (o rimandìte)


Sai cosa vuol dire “procrastinare”, vero? È una parola bruttina, dal suono scrocchiante, che a sentirla ti fa proprio pensare che stai sbagliando qualcosa: stai rimandando qualcosa a doma(n)i.

Ci sono in libreria decine di libri sulla gestione del tempo, decine di articoli su internet, consigli, corsi, meditazioni, preghiere. Perché procrastinare è il male.
Così ci hanno insegnato. Ricordi l’adagio che probabilmente ti diceva anche tuo padre: “Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi!”?
Bene, procrastinare è proprio quello, il rimandare sempre, ma soprattutto il perdersi dentro una giungla di scadenze, doveri e cose da fare.

La gestione del tempo (il “time management” per chi ama gli inglesismi) è uno degli argomenti più sentiti per tutti i professionisti e lavoratori autonomi che sono costretti a far da sé. La situazione sembra peggiorare con quei professionisti della creatività e artisti che hanno a che fare con una personalità attratta da mille stimoli e da una mente che sembra partorire centomila buone idee.

 

Puoi stare tranquillo, sei in buona compagnia: secondo Joseph Ferrari, uno dei massimi studiosi della procrastinazione al mondo e professore di psicologia alla DePaul University (USA), si può affermare che circa “il 20 per cento delle persone sono procrastinatori CRONICI”. E aggiunge che la procrastinazione non ha niente a che vedere con la gestione del tempo, con il “just do it” ovvero “agisci ora!”.
Anzi, quel comando non fa altro che aumentare la frustrazione.

Poi però leggi quell’articolo su Steve Jobs che era solito ritardare le sue attività, e così Bill Clinton e un sacco di altre persone di successo e Leonardo Da Vinci e ti viene da pensare che, in fondo, rimandare a domani non è male.
Eppure ci sono delle sfumature tra la procrastinazione dannosa e quella produttiva degli uomini di successo sopra citati: i loro non sono esempi di procrastinazione, ma sono semplicemente l’esempio di come sia importante pensarci su, di come sia necessario ogni tanto interrompere o ritardare un compito per avere delle buone idee e sfruttare il pensiero creativo.
Ci sono studi su come la procrastinazione possa aiutare a riorganizzare meglio le liste di compiti da fare (conosci il sistema GTD di David Allen? Ne parlerò poi). Quindi non è nemmeno un bene partire a testa bassa per eseguire dei compiti solo per il gusto di averli finiti.

Eppure il procrastinatore incallito – e se tu lo sei, lo sai benissimo – è quello che rimanderà ancora. E ancora. E ancora.

 

COSA È LA PROCRASTINAZIONE

Quindi chi procrastina non lo fa perché non sa gestire il tempo, o meglio, quello è solo il risultato finale. 
Allora perché si procrastina?

Alle volte la scusa è il perfezionismo, ovvero ambire a standard troppo alti, alle volte l’attesa del momento giusto oppure la presunzione di avere tanto tempo: alla base c’è sempre un malessere e una scarsa fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità.
Per andare sempre di vecchi adagi: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, cioè il problema vero è in quel momento che intercorre tra l’intenzione e l’azione.
I procrastinatori si bloccano proprio in quel momento. È una cosa forte, io l’ho sperimentata spesso: è qualcosa che ti blocca lo sterno, che ti confonde le idee come il ghiaccio secco quando viene sparato nei concerti per creare la nebbia. Tutto è confuso e gli obbiettivi sfumano via.

 

 

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LA PROCRASTINAZIONE E IL PIACERE DI FARE LE COSE

Studi più recenti sul problema fanno capire che è tutto un fatto emozionale, di come ci sentiamo.
Abbiamo paura di sbagliare, di soffrire e alla fine preferiamo concentrarci su compiti semplici (e futili) che ci danno soddisfazione immediata, seppure minima. Come quando dici di essere multitasking e invece di stare concentrato sul tuo lavoro navighi sul web, chatti in Whatsapp o scorri il newsfeed di Facebook o di Twitter.

 

Tendiamo a rimandare i compiti che ci sembrano troppo gravosi, spiacevoli oppure quelli che, se andassero male, potrebbero avere conseguenze negative sulla nostra vita. Insomma abbiamo paura di quello che può succederci, paura del futuro. E così lasciamo che le cose vadano da sè, senza controllo.
La procrastinazione ha a che fare con le aspettative e le emozioni con cui carichiamo certi compiti e certi obbiettivi: quando il loro peso ci sembra ingestibile, ci blocchiamo e non riusciamo nemmeno a muovere un dito per cominciare.
Ecco, procrastinare è anche una questione di peso, del peso che non riusciamo a toglierci, della zavorra che dobbiamo scaricare per poter volare. Ha a che fare con il liberarsi: svolgere i compiti riduce il peso che grava sulla nostra mente e, come abbiamo visto, anche sui nostri cuori.

Gli studi ci dicono che una volta che completiamo un compito o raggiungiamo un obbiettivo, dopo non ci pensiamo più, dunque il cervello si libera. Fintanto che non lo portiamo a termine però la parte inconscia di noi, ogni mattina e per tutto il giorno, continua a fare il riepilogo delle cose da fare e ce lo ricorda. Che poi si aggiunge magari a quello che ti fa tua moglie o il tuo capo o il tuo socio al lavoro. È molto frustrante e soprattutto faticoso. In tutto questo resistere al corso naturale delle cose c’è uno spreco di energia (e di tempo ovviamente) enorme!

 

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Rimandare le cose a doma(n)i significa pensare che il nostro IO FUTURO risolverà tutti i problemi. (IO FUTURO è  il modo con cui viene chiamata in psicologia la proiezione che facciamo di noi stessi nel futuro: in genere belli, vincenti, ricchi e senza problemi!).
Intanto il tempo scorre e ogni secondo che passa quell’IO FUTURO è già lì e noi restiamo uguali al secondo precedente, ma sempre più affaticati.

 

CONCLUSIONI

Per non procrastinare ci sono pochi metodi pratici che funzionano davvero: è molto difficile basarsi sulla forza di volontà, imporsi dei limiti e delle scadenze. Ma provarci è già qualcosa.
Molto più interessante sembra essere concentrarsi sulle emozioni, in particolare su quel senso di colpa, su quel masochismo tipico di chi procrastina sapendo di sbagliare: sembra che sia importante sapersi PERDONARE, accettarsi e ripartire.

 

Se  invece il tuo problema è rimandare quando i compiti ti sembrano troppo grandi, la sola cosa da fare è analizzare quei compiti e sminuzzarli, fino a trasformarli in tanti micro obbiettivi che, vedrai, ti spaventeranno meno. Ne avevo parlato anche qualche mese fa nel video “Troppe idee fanno male”.

 

Infine, se la procrastinazione è il frutto di sensazioni spiacevoli assegnate all’agire (il senso del dovere, fatica, sgradevolezza) l’unico modo per combatterla è la MOTIVAZIONE. Devi trovare dei motivi validi per considerare il tuo compito utile e piacevole. Ad esempio, cerca di vedere in prospettiva quali ricadute positive possa avere sulla tua vita una cosa fatta oggi che ti sembrava spiacevole; magari questa cosa sarà il primo passo verso qualcosa di più grande e sarà sempre e comunque uno dei mattoni con cui stai costruendo la tua splendida storia professionale.

Avere la visione che quello che stai facendo ti aiuterà a diventare quello che sarai è uno dei colpi più potenti che puoi sferrare al mostro della procrastinazione.
Buon combattimento!


 

(Volevo scrivere da tanto tempo sulla procrastinazione (!); per i contenuti scientifici mi sono basato su questo articolo apparso su Psychological Science, dove puoi trovare i riferimenti bibliografici).

L’immagine di copertina fa parte del bellissimo progetto Honest Logos del designer Viktor Hertz.

 

PS
Visto che il mio post potrebbe averti affaticato, ho pensato di consigliarti una canzone molto bella, “Ashes to ashes” di David Bowie che nel ritornello finale canta: “mia mamma mi diceva di portare le cose a termine…”.  Magari puoi usarlo come mantra per migliorare la tua efficienza.

“My mother said
to get things done”

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1 comment

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  1. 1
    pier giorgio

    Zio Bill (Gates) ha insegnato (#&$§@%£ a lui…) al mondo che basta un clic. Tutto è Big Easy… I nostri nonni, invece, ci ammonivano che la vita non è per niente facile e per ogni grande gioia dispensa spesso tanti dolori in cambio.

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