Come un simbolo trasforma un’idea in un progetto (storytelling)


Questa è la storia di come una cipolla, colorandosi,
sia riuscita a far parlare di sé ad un TG nazionale…

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C’era una volta un agricoltore di Parma, Giovanni Leoni, che aveva un’idea molto bella, che si chiamava Agrivillaggio.
L’idea era quella di fare un villaggio immerso in un parco agricolo, ovvero di ripensare la sua azienda agricola rendendola funzionale “al sostentamento alimentare, energetico e sociale degli abitanti delle sessanta unità immobiliari unifamiliari che vi verranno costruite”.
Il progetto era rivoluzionario, nato nella sua mente 15 anni fa.
Eppure, nel corso degli anni, tutto era rimasto ad un livello teorico: l’agricoltore veniva chiamato addirittura nelle università per parlare della sua idea utopistica, ma era come se quell’idea non riuscisse a prendere forma.
Fino a che, un giorno, l’agricoltore non incontrò una persona che lo convinse che scrivere un libro a proposito di questa idea fosse la cosa migliore da fare. E che quel libro sarebbe stato il motore di molti cambiamenti che avrebbero repentinamente portato a dei risultati, tra i quali, auspicabilmente, la realizzazione del progetto.
Quella persona era Mauro Sandrini, il fondatore della Selfpublishing School.

A quel punto fui chiamato per fare la copertina del libro.
Ho conosciuto il progetto Agrivillaggio stringendo la mano a Giovanni Leoni. Mi sono fatto raccontare la sua storia e mi sono messo in ascolto, cercando di capire i punti salienti del suo progetto: man mano che parlava vedevo un potenziale inespresso, come se l’anima di quel che stavo sentendo mi sfuggisse, nonostante sapessi, e constatassi, che era un progetto stracolmo di anima e passione.
Il progetto di Giovanni era bello, si fondava su idee forti, appoggiato da pensatori di altissimo profilo (ad esempio dal Movimento della Decrescita Felice di Maurizio Pallante): aveva un’anima che vagava nello spazio della sua mente e nel suo poco gesticolare, ma non aveva un corpo in cui concretizzarsi. Si trattava di pura energia del pensiero che non riusciva ad essere visualizzata. E quindi non poteva essere compresa.
Dopo aver parlato con Giovanni, aver visualizzato l’Agrivillaggio, immaginando di aprirne le porte, percorrendone gli ambienti pieni di gente entusiasta,  ho capito che serviva un SIMBOLO potente che lo rappresentasse.
Dovevo catturare l’anima dell’Agrivillaggio e renderla visibile a tutti.

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Non bastava fare la copertina del libro: ci voleva qualcos’altro.
Così mi sono letto i testi del “Manifesto per l’Agrivillaggio“. E leggendo ho trovato che le cipolle erano il punto di svolta della storia dell’agricoltore. Avevo trovato nella cipolla l’anima del progetto.
Era perfetto come simbolo: unico e singolare come l’Agrivillaggio.
La storia di Giovanni – e quindi della sua utopia – ha il suo punto di svolta con le cipolle, quando suo nonno pensa di immagazzinarle in modo nuovo e di commerciarle in modo diverso e piu redditizio che in passato. Dunque la cipolla, per la fattoria dove sorgerà l’Agrivillaggio, è l’anima della storia, la sua chiave di volta: è il simbolo della sopravvivenza prima, del benessere poi e dell’innovazione addirittura.
È un simbolo che tradisce le sue radici umili, di fatica e di fame e che quindi porta con sé dei significati ulteriori che potevano renderlo ancora più potente.

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Così ho pensato a un’immagine che legasse tradizione e tecnologia: la Madre Terra (a cui inconsciamente devo avere pensato, dando alla mia cipolla un carattere assolutamente femminile) legata ad un nuovo modo di concepire la società (simboleggiato dalle onde del WI-FI).
Ho lavorato per sottrazione, cercando l’essenza del simbolo e riducendo la cipolla ad un fatto di linee e di spazi vuoti: volevo che chiunque la vedesse, capisse immediatamente di cosa si trattava, meglio che in una fotografia.

Quando Giovanni ha visto il simbolo mi ha detto che, per la prima volta nella sua mente pragmatica, riusciva a visualizzare il progetto dell’Agrivillaggio in un modo tale da poter comunicare come lo sentiva davvero. Era come se gli avessi fornito un modellino in miniatura delle sue idee.
In quella sua sensazione stava tutta l’utilità del progetto di comunicazione. Non avevo avuto bisogno di slogan, effetti speciali o di chissà cosa: avevo cristallizzato il pensiero in un simbolo che di lì in poi avrebbe funzionato sulla copertina di un libro come su di una t-shirt o sull’etichetta di un vasetto di cipolle sottolio.

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La cosa più importante del mio processo creativo – quella decisiva – era stata entrare in sintonia con l’energia del progetto, capirne l’importanza, farmi coinvolgere dalla passione. Invece di cucinare un cibo surgelato, avevo usato un cibo fresco, raccolto dal mio orto interiore, per servire il mio piatto a Giovanni.

In conclusione, quello che ho imparato, è che tutti hanno una storia da raccontare e quindi tutti possiedono un patrimonio di inestimabile valore.
Nelle storie sono contenuti i simboli, le idee, i progetti e le strade del proprio futuro: il difficile è scovarli e farli venire fuori.
Sapere raccontare la propria storia è il primo passo per farla arrivare agli altri.
E infatti, come prospettato all’inizio di questo racconto, il progetto sta prendendo forma e proprio ieri il TG1 ha parlato dell’Agrivillaggio.

Parleremo anche di questo nella due giorni di “Caro Futuro ti scrivo” del 7 e 8 febbraio prossimi a Roma (di cui ho scritto pochi giorni fa). Se volete saperne di più o iscrivervi, questo è il link al programma.

PS: questo articolo prende spunto dal servizio di ieri del TG1 ed è un adattamento del capitolo “Cambiare il mondo… con una cipolla” scritto da me per il libro “La scuola dell’Agrivilaggio e della Decrescita Felice“, edito da Alkemia Books.

 

 


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