Avete mai avuto paura di non essere abbastanza bravi?


Nei lavori creativi, in tutti quelli in cui si progetta o si crea qualcosa (dall’architettura alla scrittura) e nei quali è importante il giudizio del pubblico per la propria realizzazione professionale, arriva prima o poi (sempre troppo presto comunque) il momento in cui si ha paura di non essere all’altezza e di non essere abbastanza BRAVI.

illustrazione di Alessandro Bonaccorsi

Purtroppo una delle prime cose che ci insegnano quando andiamo a scuola è che solo chi è bravo a far qualcosa ottiene grandi risultati. E ci inducono a competere, a prendere anche solo un mezzo voto più degli altri. E ci gratificano o no a seconda del giudizio che viene dato a ciò che facciamo.
La cosa che non ci dicono però, è cosa significhi essere BRAVI.

Così ci affanniamo tutta la vita a studiare, formarci, esercitarci, cercando di migliorare la nostra tecnica e accrescere il nostro sapere. Perché dobbiamo diventare BRAVI.
In altre parole, ci abituiamo ad essere gratificati da qualcuno che ci giudica, solo per la paura di essere stroncati. In questo modo gli esami non finiscono mai, come si è soliti dire.
Eppure non tutti i bravi, come li intendiamo noi generalmente, ottengono grandi risultati.

Dov’è allora l’inghippo??

Nei lavori creativi, in particolare, la bravura si traduce in padronanza dei mezzi tecnici: ad esempio un illustratore potrebbe pensare di dover avere una formazione accademica o un diploma specifico, oppure un grafico potrebbe pensare di dover essere bravissimo con i software o di doversi laureare e prendere un Master dopo l’altro.
Eppure, i laureati, i virtuosi della tecnica, gli studenti che si sacrificano di più non ottengono automaticamente grandi risultati.

Perché?

Perché tutto questo accumulo di conoscenze fa perdere di vista l’essenza del proprio lavoro e del proprio ruolo. Si cerca la perfezione tecnica quando il pubblico (e quindi i clienti, almeno secondo la mia visione), oltre un certo livello non percepisce più differenze tra un bravo e un bravissimo!
La bravura spesso è un danno, un ostacolo. Si deve diventare bravi per non esserlo più, ma si può anche decidere di non essere bravi.
E di passare ad altro.

Illustrazione di Gipi da “La mia vita disegnata male”

Gipi, l’autore di fumetti, dice che da ragazzo voleva diventare bravo come Andrea Pazienza, poi ad un certo punto se ne è fregato e improvvisamente è stato più importante per lui raccontare storie che disegnare benissimo.
Perché ad un certo punto l’esigenza deve essere quella di rendere utile quello che si fa.
Dobbiamo scegliere se emozionare, raccontare, illustrare, dare gioia o incupire. Insomma dobbiamo iniziare a fare quello che dentro di noi sappiamo di volere fare.
E allora possiamo mandare affanculo la tecnica, i bravi e i perfetti.

E incominciare a rompere tutto, smontare per ricostruire, rimettendo insieme i pezzi secondo la nostra sensibilità.
In conclusione, solo con gli anni ho capito che non mi sarebbe bastata la tecnica (che non padroneggerò mai abbastanza e che probabilmente non imparerei in una vita) a diventare un bravo illustratore e un bravo graphic designer, ma era necessario che capissi cosa farci con le mie creazioni.

illustrazione di Alessandro Bonaccorsi

La tecnica è niente senza l’ispirazione.
L’unica cosa in cui bisogna essere davvero bravi è ascoltare e mettere in sintonia la nostra fonte d’ispirazione con la nostra mente, poi la nostra mente con il nostro corpo, poi il corpo con i materiali per produrre, e così via.
Preoccuparci troppo dei risultati ostruisce il libero fluire delle nostre ispirazioni. E ci impedisce di realizzare le nostre cose  migliori.

PS: visto l’alto numero di commenti e di riflessioni che questo articolo ha suscitato, ne ho scritto un seguito raccogliendo questi confronti che ho avuto con molti professionisti su questo tema. E ne sono scaturite di cose interessantissime che possono aiutarci quando siamo in balia degli eventi e perdiamo la bussola della nostra carriera (o, essendo giovani, non l’abbiamo ancora trovata…).

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